L’amore conta
Laboratorio con Alessandro Berti e Gaia Raffiotta
6 incontri da febbraio ad aprile 2019
c/o il Teatro Comunale Laura Betti
frequenza libera, qualcuno ha portato gli amici
In un tempo disumano, in cui l’umano arranca alla velocità delle macchine, andare controcorrente può volere dire pretendere, da sé e dagli altri, un rallentamento radicale, uno stare pressoché fermi cercando lo scavo, la pace possibile, l’accettazione dei propri limiti e il tentativo, semmai, di superarli, questi limiti, ma verticalmente, in alto o in basso, per via meditativa, mistica o anche analitica, psicologica piuttosto che orizzontalmente consumando, sé e tutto, bulimicamente, in uno sfogo iconoclasta, dopato.
Così il teatro, arte del corpo, della voce, del canto, del pensiero, del dubbio, dell’attesa, cioè alla fine arte fragile, sempre di più, se così inteso, avrà il suo spazio, nella polis isterica. Uno spazio del genere lo ha dato il Teatro Laura Betti di Casalecchio a me e a Gaia Raffiotta, in questi mesi, per lavorare con un gruppo di adolescenti, o young adults, come si dice today, su un tema scivoloso e illuminante, per chi cresce, mentre cresce, com’è quello dei sentimenti, dell’amore, del desiderio, dell’identità, del viaggio.
A microfoni spenti, senza adulti a parte noi due, ci siamo interrogati a vicenda su che vuol dire, oggi, per una persona di 15, 16 anni, amare, desiderare, sentire. Con particolare attenzione ai confini simbolici e reali, alla percezione delle differenze: di genere, di provenienza geografica, di colore della pelle.
Liberamente, come un circolo di pensiero carbonaro, catacombale, da società di mutuo soccorso, ci siamo fatti, fatte (sempre più ragazze che ragazzi, ci sono state, a questi incontri, ma i pochi maschi sono stati fondamentali, più che mai franchi e presenti) domande scomode su questioni non semplici, per nessuno, da trattare con sincerità: ci fidanzeremmo con un ragazzo nero? Come ti immagini in un altro paese, a parlare un’altra lingua, ad avere un fidanzato straniero? Cosa direbbe tuo padre se tu, ragazzo, gli presentassi il tuo ragazzo? E il tuo, se tu, ragazza, gli porti a casa il tuo ragazzo nero? Ecc. ecc.
Ne sono nate conversazioni bellissime, esercizi di scrittura divertenti, giochi di ruolo stimolanti e vertiginosi nei quali ci siamo messi ‘nei panni dell’altro’ provando a sentire tutta la fatica di questa dislocazione.
Nell’attesa di finire le trascrizioni di questo materiale ricco, vivo e pieno della sincerità spumeggiante dell’età di passaggio, ve ne diamo un piccolissimo assaggio.
Cos’è qualche cosa di bello, per te? La bellezza: cos’è, dove la trovi?
Bello è qualcosa che ti trasmette emozioni, positive, felicità. Per me anche quando sono negative, basta che ti trasmetta qualche cosa. Ma non infelicità. Solo: inquietudine. Lo stupore di vedere qualcosa, qualche cosa che ti smuove. Che ti inquieta.
Trovi più bello qualcosa di diverso, di lontano o qualche cosa di abituale, di vicino? Beh, quando vedi qualcosa di nuovo sei stupito, lo stupore fa da bonus. Da bonus? Sì, è un di più, la cosa nuova, inconsciamente, è migliore. Poi la conosci e allora non c’è più il bonus.
Cosa vuol dire che gli opposti si attraggono? Vuol dire che sei aperto, che non sei ancora finito, arrivato. Per me è una forma di intelligenza. Questa curiosità, quest’attrazione. Un’apertura. Posso dire una cosa?
Sì, dilla. Ci piace la differenza ma andiamo sempre verso quel che ci somiglia.
Interessante. Alla nostra età non ci sono troppe cose opposte a noi. Provi delle cose, anche diverse e poi decidi. O magari lasci in sospeso, ci pensi. Questa è la fase in cui ti fai delle domande. Poi magari a un certo punto dici: ecco, sono così. Non ci sperare. Da grande intendo. No. Non ci si ferma mai. Molti si fermano. Magari la diversità non esiste: siamo tutti dei fake. È che è difficile distinguersi. La strada è già battuta in ogni caso. Semplicemente ti identifichi in qualcosa, che c’è già stato, c’è già. Ma mica tutto è stato fatto. Per me sì. Per me tutto quello che è nuovo è nuovo e vecchio, non c’è nuovo dal nulla. Nuovo dal nulla c’è solo il Big Bang. E poi per il fatto che sei tu a farlo, quello che fai è nuovo, in ogni caso. Per me no, per me tutto si basa solo sull’influenza, segui un pezzo di qualsiasi cosa e ti adegui. Dai ragazzi, non buttiamoci giù.
Lei prima ha detto: si segue un pezzo di qualsiasi cosa. Qual’è l’alternativa? Fare meno, e più piano. Per me sarebbe fare il monaco. Ho sentito un’intervista al Dalai Lama, ha detto che ci ha l’ansia anche lui.
Risate. Ragazzi se ce l’ha anche il Dalai Lama!
Alessandro Berti