Storia del mio corpo

Laboratorio con Marinella Manicardi
dal 12 al 14 febbraio 2019
c/o Centro delle Donne/Biblioteca delle Donne a Bologna
nell’ambito di Teatro Arcobaleno
con la classe III CL del Liceo da Vinci di Casalecchio di Reno

Punto di partenza del laboratorio è stato il corpo inteso come repertorio di storie a partire dal lavoro Corpi impuri di Marinella Manicardi, spettacolo presentato il 15 febbraio nella Stagione del Teatro Laura Betti, nell’ambito di Teatro Arcobaleno; progetto che interroga il teatro per le giovani generazioni sulle differenze di genere.  

Sono stati tre giorni intensi, in cui, a partire dalla domanda principale dello spettacolo (e del libro), ossia il tabù delle mestruazioni e le trasformazioni del corpo, e a un clima di fiducia che si è instaurato tra l’attrice e la classe, sono usciti moltissimi racconti di sé.

 

L’adolescenza è un momento straordinario della vita, forse quello in cui più di tutti ci si interroga sul proprio corpo, su cosa si è, bianco, nero, uomo, donna, su come ci si sta trasformando, alto basso, magro, grasso, su cosa si sta diventando, il mistero più grande, perché l’età adulta è sentita come un tempo lontano. Si può dire forse che in questo laboratorio l’adolescenza ha preso il sopravvento, ha trovato il suo alveo, il suo centro, sfocato, irruente, emotivo e denso, ma vero e sentito.

Marinella è riuscita a creare, nella saletta della Biblioteca delle donne, una piccola comunità, capace di ascoltarsi e riflettere, attraverso pochi e rudimentali strumenti teatrali come l’osservazione, l’imitazione e l’ascolto. In quei tre giorni la classe si è sentita più unita, è stata in grado di affrontare apertamente argomenti tabù come le mestruazioni, la verginità, il tradimento, la frustrazione, liberi dalla paura del giudizio. Nei giorni successivi, hanno scritto storie a partire da sé che mai, forse, avrebbero scritto fuori dalle pagine di un diario segreto.

Qui in basso solo alcuni esempi.

Io non sono mai stata una persona che confidava nel proprio corpo, infatti fin da piccola mi sono sempre trovata non bella. Sicuramente la caratteristica fisica che mi ha messa più in imbarazzo quando ero una bambina è il colore della mia pelle, poiché alle elementari molti compagni mi prendevano in giro ed io soffrivo molto. Sfortunatamente anche adesso a causa della mia pelle mi sento a disagio, forse anche di più in confronto a quando ero piccola, perché nonostante i miei compagni di classe non mi prendano più in giro, molta gente che non mi conosce ha dei pregiudizi su di me. Per esempio non molto tempo fa una professoressa che faceva supplenza, sentendomi parlare, disse: “Ah, ma parli bene l’italiano!”, dando per scontato il mio non essere italiana; oppure è capitato qualche volta per strada che qualcuno mi urlasse: “Torna nel tuo paese!”. Mio padre è italiano ed io sono nata e cresciuta qui, quindi queste cose mi fanno sempre stare veramente molto male, a tal punto che certe volte arrivo ad odiare me stessa. Personalmente del mio corpo non c’è nulla che mi piace seriamente e con il mio fisico non mi trovo bene, infatti mi reputo una brutta ragazza. (Beatrice)

Fin da piccola sono sempre stata la più bassa e magrolina della classe. Personalmente, non ho mai visto queste mie due caratteristiche come un problema o come se fossero qualcosa di sbagliato. Nonostante le varie battute che più volte ho ricevuto, non me la sono mai presa personalmente, anzi ho iniziato anch’io a scherzarci e a fare un po’ di autoironia. Mi sono sempre sentita bene nel mio corpo, quindi non vedo perché qualcuno mi debba dire il contrario. Crescendo però, come tutti, ho iniziato a osservare aspetti che magari gradisco un po’ di meno di me stessa: una di queste cose è la carnagione della mia pelle, che, essendo troppo chiara, soltanto il minimo contatto con il sole mi porta a bruciarmi pesantemente, a differenza di tante mie amiche e di mia sorella che, si abbronzano con niente. Spero che, con il passare degli anni, non ci siano più problemi riguardanti il corpo e che ognuno impari ad accettarsi cosi come si è, senza badare alle opinioni altrui. (Nicole)

“Non ho molta autostima. Del mio corpo mi piace solo il colore degli occhi” poi scoppia in un pianto ininterrotto. Il silenzio è  pesante, non vola una mosca, nessun accenno di risata da parte dei compagni, al contrario un grande rispetto. Il tempo e i rumori sembrano congelati. Qualche compagna le va incontro per consolarla. È una studentessa di terza liceo linguistico di Casalecchio di Reno, alle porte di Bologna, che insieme alla classe è al primo incontro del laboratorio teatrale la storia del mio corpo a cura dell’attrice Marinella Manicardi, autrice per il festival della Filosofia di Modena di qualche anno fa dello spettacolo Corpi Impuri, a cui è seguito l’omonimo libro, edito da Odoya, sul tabù delle mestruazioni. Tre giorni per parlare dei cambiamenti del corpo, un corpo inteso soprattutto come repertorio di storie. Un procedere lento e delicato da parte della Manicardi che, dopo una breve introduzione su quel momento di svolta radicale nella vita di ogni donna, traccia un interessante racconto che unisce storia, politica, scienza, religione, costume, credenze, superstizioni, oltre alle battaglie per l’emancipazione. Tutto in tono lieve, leggero. La classe è seduta in cerchio ad ascoltare ed è sollecitata ad intervenire su temi che riguardano il corpo appunto e indirettamente diventa un esperimento di educazione affettiva, sentimentale e sessuale su cui forse ci sono  poche occasioni per ascoltare le loro voci. Senza troppo imbarazzo, forse lo sono di più i pochi maschi che ogni tanto ridacchiano, seguono i racconti su questo complesso bozzolo che è il corpo, a partire dalla domanda: cosa ti piace e cosa non ti piace. Spesso un fagotto ingombrante e imbarazzante a quest’età, ma anche scrigno di ricordi, emozioni, sensazioni, oltre che di piccoli e grandi traumi. Si crea un’alchimia speciale e i ragazzi lentamente si lasciano andare, si sentono accolti e ascoltati, non giudicati. L’inadeguatezza e la mancanza di autostima sono elementi ricorrenti, i modelli estetici da cui sono bombardati pesano molto sulle loro identità in costruzione.

Dopo quel primo intervento un’altra allieva racconta di quando era più robusta, dell’insicurezza e il disagio, di un periodo molto difficile per una crisi con le amiche della squadra di pallavolo, l’esclusione dal gruppo, la solitudine, il grande dolore, poi la rinascita e la consapevolezza che quella brutta esperienza l’ha fatta diventare più forte. Anche a lei scorrono le lacrime. Ormai si è aperto un varco ed escono fragilità e debolezze. È la volta di una ragazza di origini indiane, vivace, viso bello e sorridente, eppure con una ferita profonda: proprio per quel colore più scuro della pelle è stata insultata, questa è la sua peggiore insicurezza, ciò che le crea problemi. Anche lei non trattiene l’emozione. Alla fine di questo primo pomeriggio di laboratorio i ragazzi ringraziano la Manicardi per averli aiutati a tirar fuori tutto questo. Dopo l’intensità delle storie fra loro sussurrano che questo li renderà una classe più unita, stanno facendo un’esperienza che li cambierà. Nei due giorni successivi, dopo qualche semplice esercizio teatrale sul corpo e lo spazio, un ragazzo molto timido spinto da una domanda della Manicardi sul perché abbia due tigri disegnate sulla felpa,  inizia a raccontare della sua rabbia e di come quando esplode abbia voglia di spaccare tutto. Per controllare questi attacchi ha deciso di fare boxe e sfogarli contro un sacco. Un ragazzo di poche parole che ha descritto esattamente cosa gli succede in quei momenti di ira. Complice questa situazione di intimità, protetta e accogliente, e di uno spazio percepito come sicuro, c’è chi parla di storie familiari difficili, dolori vissuti per colpa di un parente, tradimenti brucianti. Una ragazza di origini senegalesi dice di essersi costruita un mondo tutto suo e che la bellezza non dipende dagli altri. Il suo sogno è  diventare modella, ha un fisico slanciato e fin da piccola indossava i modelli che realizzava sua madre, stilista, che vive in Senegal. Quando si accenna alle mutilazioni genitali femminili commenta  con l’insegnante che nel suo paese è una pratica diffusa. Fra tutte queste emozioni anche qualche momento divertente: quando parlando di verginità un ragazzo dice che i maschi la perdono  quando capita, quando si crea l’occasione. È lo stesso che alla domanda su quale sia stato il momento che ha segnato il passaggio da bambino ad adulto risponde senza esitazioni: “quando è nato il mio fratellino, da quel momento ho sentito di avere più responsabilità e ho dovuto arrangiarmi da solo”.

Se la pratica teatrale, che usa il corpo come strumento di lavoro, è in grado di creare una comunità in cui gli spettatori ascoltano e dove si possono raccontare storie vere o inventate suscitando delle emozioni, in questa sala accanto alla Biblioteca Italiana delle Donne di Bologna, con una sezione dedicata all’adolescenza, durante i giorni del laboratorio si è innescato lo stesso meccanismo. Così, a partire dal tabù delle mestruazioni, si è costruito un ponte con un’età fragile e complessa come quella dell’adolescenza. Età di grande esplorazione e definizione della propria identità, in cui si cerca uno spazio nel mondo, ci si afferma e spesso ci si nasconde. Una stagione fatta di scoperte, ma poco conosciuta e ascoltata sia a  scuola che in famiglia, in cui quasi tutto ha inizio e si costruisce. Ai ragazzi, spesso chiusi a riccio, è bastata questa chiave usata con attenzione dalla Manicardi per far aprire i loro mondi e le emozioni. A conclusione del percorso la classe ha visto lo spettacolo al teatro Laura Betti di Casalecchio di Reno, da anni molto attivo sul territorio e impegnato con le scuole in progetti culturali partecipati, che ha organizzato il laboratorio nell’ambito di Teatro Arcobaleno, capofila Gender Bender Festival, insieme al Testoni Ragazzi, Arena del Sole e ITC Teatro di San Lazzaro sull’educazione alle differenze di genere.  

Linda CHIAROMONTE, giornalista freelance

 

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